Antonio Negri
L’immaginazione trascendentale nel materialismo. Essa si svolge a lato, meglio, a contatto, in sincronia con l’intenzione che ha percorso la sensibilità ed ha penetrato significativamente l’esistenza del mondo. Come «larva» ora l’«imago» sorge da questo reale. Ne segue le insenature, rinnova – nella realtà – le movenze del senso, le intellettuali e materiali possibilità. Resiste alle difficoltà. Poi la larva si fa farfalla. Il senso produce un sogno che è più reale del reale. Un «più reale» – che è sensato perché risponde al desiderio che ha costituito la realtà e ora costituisce l’iperrealtà dell’immaginario. Larva, seme, spirito di vita animale, sensitiva e sensuale, è lo spirito metafisico che viene sviluppandosi. Il suo luogo è lo spazio infinito e inesauribile dell’universo pensato. L’ontologia è materiale.
La ricerca del profondo ha scoperto spazi infiniti. L’ideale platonico s’è distrutto bagnandosi nella realtà dell’esperienza – ma a partire da qui s’è fatto liquido, proiettivo, etereo. È un seguito di catastrofi quello che ci promette l’immaginazione. Ne inseguiamo la tendenza senza mai esaurirla. Un mondo astratto è la natura nella quale impiantiamo la nostra forza di rinnovamento ideale. Un mondo astratto che l’immaginazione rende concreto. Là, dentro gli infiniti spazi dell’essere – nessuna idealizzazione, nessuna ipostasi – solo un enorme spazio – un tempo infinito che percorriamo – mondi innumerabili – tempi ricostruiti e nuovi… Sorprende la tradizionale esperienza metafisica quest’innovazione lirica: perché la tradizione, anche nelle sue forme più vicine, ci parla di un essere che è cosa, determinazione. No, in Leopardi l’irresistibile senso del finito fonda un nuovo concetto dell’infinito e dell’essere. La determinazione finita si prova nell’esperienza operativa dell’infinito. Lucrezio e il materialismo antico son dietro questa volontà teorica. L’idea è distrutta per essere ricostruita – il materialismo leopardiano non è autolimitazione ma proiezione. È rottura aperta sul tempo futuro, munita di un’arma di amore e di desiderio. È alternativa radicale alla determinazione del dolore. Un’altemativa aperta, creativa, portata sul livello più essenziale della vita, dove questa si scontra con la morte. Non a caso, in questo periodo, l’eliminazione dell’idea del suicidio è per Leopardi proiezione metafisica di vita nuova. Fatico a riprodurre la forza teorica del concetto leopardiano di immaginazione. Se confronto questo concetto alla terminologia classica, da Kant fino a Heidegger, il suo significato mi sfugge.
Perché qui, in Leopardi, immaginazione non è una funzione conoscitiva, meglio, non è solo questo: è piuttosto una funzione costitutiva. Di infiniti mondi, di indefiniti spazi e tempi – da vivere, da percorrere.
Quest’apertura è per se stessa un valore. L’essere non è una potenza formale ma una direzione di vita. Stare nell’essere è conquistare il mondo, secondo infinite direzioni. La trama del senso può essere ripercorsa in maniera microscopica. Mille prospettive, mille piani, dell’esistenza così come del mondo e dello spazio interstellare. L’immaginazione è il valore, senza immaginazione non v’è valore. Senza larva che buchi lo spessore del senso non c’è realtà vissuta. Questo processo di sfondamento del reale è la direzione della trama del senso, è la sua redenzione. Il passaggio all’ontologia attraverso l’immaginazione è la cattura dell’essere, per farne scenario dell’attività umana. L’indifferenza dell’essere, il suo spessore, la sua ruvidità sono lacerati dalla speranza e dall’attività della sua trasformazione. Questa lotta è di ogni momento e ci pone sul quei livelli dell’essere sui quali vivere significa dolore. Anche la speranza e l’attività sono una forma di dolore. Ma ciò non muta la determinazione metafisica, anzi, la spiega. Ampia è la possibilità dell’essere, può tendersi fino al caso o all’irrazionalità assoluta. Solo l’esperienza umana costruisce la determinazione della possibilità. Nell’infinito orizzonte di innumerabili mondi. Non attendiamoci grazie, né partecipazioni o mimesi dell’idea nel mondo: v’è solo questa nostra povera natura che tuttavia, attraversando il dolore, sospinta da esso, sa conquistare enormi prospettive, lavorando il mondo. L’illusione non è un dato, è un prodotto. E una scelta. Quello che qui impressiona, nell’affrontare questo Leopardi, è lo spessore del suo materialismo. Le referenze culturali antiche (Epicuro, Lucrezio) sono solo suggestive, quelle moderne (il sensismo e il materialismo dell’età dei Lumi) sono francamente insufficienti. Qui il materialismo ha vita. Se è possibile far dei richiami appoggiamoci a Bacone o a Galileo, il cui fresco materialismo Marx celebra. Oppure ricordiamo il materialismo di Spinoza. Ma tutto ciò è ancora insufficiente, direi che ha l’insipidezza della giovinezza anche se i riferimenti sono corretti. Qui il materialismo ha invece una figura critica, implica dolore e desiderio – solo un’esperienza eccezionale può offrirlo alla potenza costitutiva. Con forza straordinaria Leopardi afferma una soluzione negativa del problema della dialettica: attraverso un indicibile dolore e un dramma ancora inconcluso, orribilmente significativo, la nostra esperienza storica può oggi dare per definitiva quell’anticipazione leopardiana. «Mondi innumerabili» sono dunque dinanzi al «solido nulla» nel quale viviamo. Solo il massimo di esperienza di rottura, solo la cognizione del dolore ci permettono la libertà dell’immaginazione. L’imago non è un riflesso ma una costituzione.
Che dire, a questo punto, per concludere il capitolo? Ben poco resta da aggiungere, se non, di nuovo, per insistere sulla profondità e l’ampiezza dell’alternativa che Leopardi determina nello sviluppo della filosofia europea, nell’età della dialettica. Il problema dialettico, pur assunto, viene dichiarato insolubile; quindi, la ragione non è ricondotta all’assolutezza dello spirito ma considerata quale funzione critica e negativa. Il mondo è ritrovato in queste condizioni, laddove è lasciato dalla ragione. Deve quindi essere ricostruito dal senso. Materialistica è la costruzione di questo terreno, un materialismo solido, non dialettico punto. E tuttavia quest’universo rischia di chiudersi su questa trama. Ambiguamente ma potentemente, qui, allora, rottura e apertura vengono sottoposte all’azione dell’immaginazione. Su questo passaggio, e contro questa mossa, i filosofi, dell’idealismo, già a lui contemporanei, hanno protestato e aperto il fuoco della polemica – comprendendo la forza dell’argomentazione di Leopardi, e il suo obiettivo antidialettico, quand’egli propone all’immaginazione di percorrere come proprio orizzonte l’inconcludibile concetto di infinito, e qui immette la soggettività umana e non la chiude o non la mortifica nell’assoluto come invece fanno dialettica e idealismo. In Leopardi, e in tutto il materialismo critico, il rapporto fra finito ed infinità è una disutopia; ma questa disutopia è così carica di soggettività, e di dolore e di speranza, che il quadro metafisico, aperto a questa ontologia, acquista terribile forza. Infiniti spazi, innumerabili mondi, davanti a noi. E dietro, e dentro di noi? Altri mondi, innumerabili essi pure. Alcuni li possiamo esplorare. Così il mondo classico non è solo un terreno privilegiato per uno studio che modelli un metodo di corretta inserzione dell’immaginario nel mondo, non è semplicemente un’esperienza di metodo. È anche un’esperienza storica sostanziale nella quale si formano le qualificazioni del pensiero, dell’etica e della mantica. Un mondo materialista, pagano e poetico. La circolarità di tutti gli aspetti dell’esperienza è ora in Leopardi comprensibile, afferrabile. È questa una delle caratteristiche più forti del suo comportamento ontologico. Leopardi filologo e poeta – tutto deve funzionare come in un sistema di vasi comunicanti. Innumerabili mondo e tutti comunicano fra loro. Innumerabili mondi: ossia tempi plurimi, stratificazioni dell’essere che sorgono separate ma possono intrecciarsi. La lirica e la filosofia comunicano su quel terreno dell’immaginazione vera e produttiva che la filologia classica prefigura. Su questo stesso terreno dell’immaginazione, mondi diversi e innumerabili si confrontano e si scontrano – e la nostra immagine del mondo trova così significato, vivendo quest’architettura strana e irriducibile a qualsiasi convenzionale centro delle facoltà intellettuali o dei mondi possibili. L’immaginazione innova dentro queste dimensioni universali, così del micro come del macrocosmo, fra trama dei sensi e delle illusioni. Il passaggio, tanto richiesto, tanto sofferto, all’ontologia, si è dunque qui dato: in maniera imprevedibile ma potentissima, attraverso una dilatazione enorme del senso, attraverso un’esplosione bellissima dell’immaginazione: la prefigurazione classica.
Analitica è, nel linguaggio dell’idealismo, fissazione dell’orizzonte trascendentale, è espressione soggettiva, indipendente e metafisicamente assoluta, nell’universalità del conoscere – analitico è il segreto luogo originario di ogni idealismo. Leopardi denuncia in quelle operazioni l’astrazione e la misfificazione del senso, la loro impotenza a riconoscere il valore. Quindi Leopardi procede nel suo cammino di innovazione: dal terreno dell’estetica, dal rifiuto dell’analitica, egli identifica una funzione immediata di costituzione del significato. Tale è l’immaginazione. Sono di nuovo dolore e desiderio, sono le potenze della vita etica ne costituiscono l’orizzonte. Nel criticismo, nell’idealismo, l’immaginazione trascendentale ha una funzione analoga ma del tutto spostata nella sua collocazione metafisica: per essa si passa dai giudizi descrittivi a quelli costitutivi, dalle essenze alle determinazioni, dalle condizioni del conoscere alla sua fondazione trascendentale. Questa funzione è retta dall’analitica: di nuovo il trascendentale, la mediazione sono gli elementi centrali. Lo schematismo della ragione organizza l’immaginazione. In Leopardi, al contrario, è l’immaginazione che organizza lo schematismo della ragione. Ma non basta: l’immaginazione ha la forma dell’immediatezza, essa si fonda nella materialità dell’esperienza. La materia comanda all’imaginazione. L’immaginazione insegue le articolazioni materiali dell’essere. Questo materialismo schietto non è povero: esso aderisce alla ricchezza delle forme del mondo, dei tempi e degli spazi costitutivi. Non sto a dire quanto sia moderna, e a noi vicinissima, questa leopardiana figura di uno schematismo materiale dell’immaginazione. È la via contraria a quella che il trascendentalismo, in tutte le sue figure, ha comunque e sempre seguito. Proseguiamo, dunque. L’immaginazione ha dunque qui trovato il suo mondo, e la trama del senso si avvia ad avere un significato. La poesia si muove su questi orizzonti ed è immediata funzione di verità. L’immaginare è potenza di costituzione del mondo, di innumerabili mondi. Una umana particella di una potenza cosmica. Una larva che sa diventare bellissima farfalla. L’immaginazione è il seme del cosmo.
[da: Antonio Negri, Lenta Ginestra. Saggio sull'ontologia di Giacomo Leopardi, 1987, cap. II.6]
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